Marte, chiamato il pianeta rosso è il 4 pianeta del Sistema Solare. Molto simile alla Terra sarà un obiettivo delle future missioni umane

Marte, il pianeta rosso teatro delle grandi missioni spaziali

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Marte, è il quarto pianeta dal nel nostro Sistema Solare in ordine di distanza dal Sole. Conosciuto come il pianeta rosso, il suo colore distintivo è dovuto alla grande quantità di ossido di ferro in superficie. Marte prende il nome dall’omonima divinità della mitologia romana e il suo simbolo astronomico è la rappresentazione stilizzata dello scudo e della lancia. Da secoli è oggetto di grande studio da parte dell’intera comunità scientifica.

Posizione e caratteristiche fondamentali

Pur presentando temperature medie piuttosto basse, tra −120 e −14 °C e un’atmosfera molto rarefatta, è il pianeta più simile alla Terra nel Sistema Solare. Le sue dimensioni sono intermedie tra il nostro pianeta e la Luna, con l’inclinazione dell’asse di rotazione e la durata del giorno simili a quelle terrestri. Marte orbita attorno al Sole a una distanza media di circa 1,52 AU e il suo periodo di rivoluzione è di circa 687 giorni. Il giorno di Marte (Sol) è poco più lungo del nostro, 24 ore, 37 minuti e 23 secondi. L’inclinazione assiale marziana è di 25,19° che risulta simile a quella della Terra. Per questo motivo le stagioni sono molto simili a quelle terrestri, eccezion fatta per la durata doppia.

A causa della discreta eccentricità della sua orbita, la sua distanza dalla Terra all’opposizione può oscillare fra circa 100 e circa 56 milioni di chilometri. Solo Mercurio ha un’eccentricità superiore, ma in passato Marte seguiva un’orbita più circolare. Negli ultimi 35 000 anni, l’orbita marziana è diventata sempre più eccentrica a causa delle influenze gravitazionali degli altri pianeti. Per questo il punto di maggior vicinanza tra Terra e Marte continuerà a diminuire nei prossimi 25 000 anni.

La superficie presenta formazioni vulcaniche, valli, calotte polari e deserti sabbiosi, e formazioni geologiche che suggeriscono la presenza di un’idrosfera in un lontano passato. La superficie del pianeta è piena di crateri. La causa è dovuta all’ assenza di agenti erosivi e dalla assenza di attività tettonica delle placche capace di modellare le strutture tettoniche. 

L’atmosfera marziana si compone principalmente di anidride carbonica (95%), azoto (2,7%), argon (1,6%), vapore acqueo, ossigeno e monossido di carbonio. La scarsa densità non è in grado di consumare buona parte delle meteore, che raggiungono il suolo con molta facilità. Tra le formazioni geologiche più notevoli di Marte c’è l’Olympus Mons, il vulcano più grande del sistema solare alto 27 km con una base di 600 km. Intorno al pianeta orbitano due piccoli satelliti naturali, Fobos e Deimos, dalla forma irregolare.

Struttura interna e campo magnetico di Venere

La crosta, il mantello e il nucleo di Marte si sono formati a circa 50 milioni di anni dalla nascita del sistema solare e rimasero attivi per il successivo miliardo di anni. Il mantello è la regione rocciosa interna che trasferiva il calore generato durante l’accrescimento e la formazione del nucleo. Probabilmente la crosta nasce dalla fusione della parte superiore del mantello mutato, nel corso del tempo, a causa di impatti con oggetti estranei, vulcanismo, movimenti del mantello stesso e dall’ erosione.

Dalle analisi dei meteoriti marziani abbiamo appurato che ha una superficie ricca di basalto. Alcune zone però mostrano quantità predominanti di silicio simile all’andesite terrestre. La crosta ha uno spessore medio di 50 km con un picco di 125 km. Per fare un confronto con quella terrestre, dallo spessore di circa 40 km, la crosta marziana è tre volte più spessa, considerando le dimensioni doppie del nostro pianeta. Il nucleo è composto principalmente da ferro e nichel, con una percentuale intorno al 16% di zolfo e si estende per un raggio di circa 1800 km.

Molto probabilmente il nucleo è solido, ma allo stato viscoso. Di conseguenza, Marte non presenta un campo magnetico apprezzabile, né attività geologica di rilievo. L’assenza comporta la mancanza di protezione dall’attività di particelle cosmiche ad alta energia. Tuttavia la maggiore distanza dal Sole rende meno violente le conseguenze del vento solare. Anche se Marte non dispone di un campo magnetico intrinseco, lo studio del paleomagnetismo ha provato la presenza passata di una polarità alternata attorno ai suoi due poli, grazie al ritrovamento di rocce magnetizzate. Le rocce formatesi prima della scomparsa della magnetosfera sono magnetizzate, a differenza di quelle formatesi dopo.

Storia ed osservazioni scientifiche

Dopo Venere e Giove, Marte è il pianeta più facilmente individuabile per via della grande luminosità relativa e del caratteristico colore rosso. I primi a osservare dettagliatamente il pianeta rosso furono gli Egizi. Anche i Babilonesi raccolsero informazioni molto dettagliate. Quasi contemporaneamente Indiani e Cinesi fecero altrettanti dettagliati studi. Le popolazioni di cultura etrusco-greco-romana lo associavano all’immagine di Maris/Ares/Marte, dio della guerra. 

Tra i primi ad osservare Marte fu Aristotele. Il filosofo notò anche il passaggio dietro alla Luna, ricavandone così, una prova empirica della concezione di un universo geocentrico. Il 13 ottobre 1590 Michael Maestlin, osservò l’unica occultazione documentata di Marte da Venere, presso la città tedesca di Heidelberg. Nel 1609 Galileo, fu il primo uomo a puntare un telescopio verso il pianeta.

Solo sul finire del XIX secolo, il miglioramento della tecnologia, permise di ottenere una visione nitida in grado di distinguere le caratteristiche del suolo marziano. Il 5 settembre 1877 l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, a Milano, utilizzò un telescopio di 22 cm, per disegnare la prima mappa dettagliata di Marte. Ne risultarono strutture che l’astronomo definì canali, in quanto la superficie presentava lunghe linee alle quali egli attribuì nomi di celebri fiumi terrestri. Ancora oggi la sua nomenclatura rimane quella ufficiale.

Influenzato dal lavoro di Schiapparelli, l’astronomo statunitense Percival Lowell, fondò un osservatorio dotato di un telescopio di 300 e 450 mm. Pubblicò diversi libri su Marte con le sue teorie sull’esistenza di vita sul pianeta. Basate sull’origine artificiale dei canali, ebbero una notevole influenza sull’opinione pubblica. Per lungo tempo, si ritenne che Marte fosse un pianeta coperto di vegetazione e alcuni mari. Tuttavia le osservazioni al telescopio non erano in grado di confermare tali speculazioni. Solo nel 1909 Camille Flammarion, con un telescopio di 840 mm, osservò disegni irregolari, ma nessun canale.

L’esplorazione spaziale passata

Le numerose missioni verso Marte sono state intraprese da Unione Sovietica, Stati Uniti, Europa, Giappone e Cina per studiarne la geologia, l’atmosfera e la superficie. Circa metà delle missioni, tuttavia sono risultate degli insuccessi causate da vari inconvenienti tecnici. Per questo motivo il pianeta conserva il suo fascino, ed in generale, un’ulteriore motivazione per proseguire le ricerche. Le probabilità di trovare tracce di vita su questo pianeta, così come ci appare, sono ridotte. Ma se fosse confermata la presenza di acqua in tempi passati, aumenterebbero le probabilità di trovare tracce di vita fossile.

Il primo successo si ebbe nel 1964 con il passaggio in prossimità della sonda NASA Mariner 4. Questa prima osservazione fu molto controversa. Se da un lato l’entusiasmo avrebbe dovuto spingere verso altre esplorazioni, dall’altro la delusione per un pianeta senza vita, portarono a una riduzione e l’annullamento di alcune missioni già pianificate. Il primo atterraggio invece, avvenne nel 1971 grazie ai sovietici Mars 2 e 3 che però persero i contatti con la Terra pochi minuti dopo.

Nel 1975 fu lanciato dalla NASA il programma Viking, consistente in due satelliti orbitanti con un modulo di atterraggio che raggiunsero il suolo nel 1976. Il Viking 1 rimase operativo per sei anni mentre il Viking 2 per tre. Grazie alla loro attività, si ebbero le prime foto a colori della superficie marziana, con mappe eccellenti usate ancora oggi. Nel 1988 i moduli sovietici Phobos 1 e Phobos 2 furono inviati per lo studio di Marte e delle sue due lune. Il segnale di Phobos 1 venne perso mentre era in viaggio. Phobos 2 riuscì a inviare foto del pianeta e di Fobos, ma si guastò prima di liberare due sonde sulla luna.

Dopo il fallimento nel 1992 del Mars Observer, la NASA inviò nel 1996 il Mars Global Surveyor. La missione di mappatura fu un successo e si concluse nel 2001. I contatti si interruppero nel novembre del 2006, dopo dieci anni nell’orbita marziana. Un mese dopo il lancio del Surveyor, la NASA lanciò il Mars Pathfinder con a bordo il robot da esplorazione Sojourner, che atterrò nell’Ares Vallis. Anche questa missione fu un successo e divenne famosa per le immagini che inviò sulla Terra.

L’esplorazione spaziale nel primo decennio del XXI secolo

Nel 2001 la NASA inviò il satellite Mars Odyssey, dotato di uno spettrometro a raggi gamma. Questa identificò grandi quantità di idrogeno nella regolite marziana. La missione scientifica terminò nel settembre 2010, ma da allora il satellite è un ponte di comunicazione tra le missioni sulla superficie del pianeta e i centri di controllo sulla Terra.

Nel 2003 l’ESA lanciò il Mars Express Orbiter assieme al modulo di atterraggio Beagle 2. Il tema di controllo del Planetary Fourier Spectrometer, alloggiato nel satellite, scoprì la presenza di metano su pianeta. Nel giugno 2006 inoltre annunciò l’avvistamento di aurore sul pianeta. Considerati gli importanti risultati scientifici ottenuti, la missione è stata prolungata fino al 2026.

I due rover gemelli Spirit e Opportunity, lanciati dalla NASA, raggiunsero il suolo marziano nel gennaio 2004. Tra le scoperte principali abbiamo la prova della presenza di acqua in passato, grazie al ritrovamento delle sue tracce in entrambi i punti di atterraggio. Il 22 marzo 2010 si persero i contatti con Spirit, mentre il 10 giugno 2018 quelli con Opportunity.

Il 12 agosto 2005 fu la volta del Mars Reconnaissance Orbiter (NASA), che arrivò a destinazione il 10 marzo 2006 per una missione di due anni. Tra gli obiettivi vi era la mappatura del terreno marziano e delle condizioni atmosferiche per trovare un luogo di atterraggio adatto alle successive missioni. Il Mars Reconnaissance Orbiter scattò le prime immagini di valanghe presso il polo nord del pianeta il 3 marzo 2008.

Il Phoenix Mars Lander (NASA), lanciato il 4 agosto 2007, raggiunse il polo nord marziano il 25 maggio 2008. Il modulo era dotato di un braccio meccanico con un raggio d’azione di 2,5 metri in grado di scavare per 1 metro nel suolo. Disponeva inoltre di una telecamera in miniatura che il 15 giugno 2008 scoprì una sostanza che si rivelò essere acqua. La missione si concluse il 10 novembre con la perdita definitiva di ogni contatto, al sopraggiungere della stagione invernale marziana.

L’esplorazione spaziale nel secondo decennio del XXI secolo

Il 6 agosto 2012 atterrò su Marte il rover Curiosity. Il rover più grande per dimensioni e tecnologicamente più complesso sviluppato dalla NASA. L’obiettivo è investigare sulla passata e presente capacità del pianeta di sostenere la vita. La sonda ha trovato acqua, zolfo e sostanze clorurate nei primi campioni di suolo marziano, a testimonianza di una chimica complessa. L’agenzia spoaziale ha precisato che il risultato è solo la conferma che gli strumenti della sonda hanno funzionato alla perfezione. Ma non è possibile escludere che questi possano essere stati trasportati su Marte dalla stessa Curiosity.

La Mars Orbiter Mission, nota come Mangalyaan, fu la prima missione per l’esplorazione di Marte dell’Indian Space Research Organisation (ISRO). Il vettore fu lanciato il 5 novembre 2013 per raggiungere l’orbita marziana il 24 settembre 2014. La missione fu ideata per sviluppare le tecnologie necessarie alla progettazione, programmazione, gestione e controllo di una missione interplanetaria. L’agenzia spaziale indiana fu dunque la quarta nazione a raggiungere Marte, dopo Russia, USA ed Unione Europea.

La sonda MAVEN fu lanciata con successo il 18 novembre 2013, con un razzo vettore Atlas V dalla Cape Canaveral Air Force Station. La sonda si è inserita in un’orbita ellittica attorno a Marte il 22 settembre 2014, ad un altitudine compresa tra 145 km e 6228 km dalla superficie. Il 14 marzo 2016 l’ESA ha lanciato il Trace Gas Orbiter (TGO) e il Lander Schiaparelli, parte della missione ExoMars. Il Lander Schiaparelli ha tentato, senza successo, di atterrare il 16 ottobre dello stesso anno. Nel 2018 è stata lanciata la missione statunitense InSight con un lander e due CubeSat in sorvolo. Lo scopo è condurre uno studio approfondito della struttura interna del pianeta.

Nel 2020 la NASA invia la missione Mars 2020, con un rover gemello di Curiosity ma con strumentazione scientifica differente. L’obiettivo è studiare l’abitabilità di Marte, definire il clima e preparare le future missioni umane, testando anche la produzione di ossigeno in situ. Nel febbraio 2021 la NASA ha diffuso un video dell’arrivo del rover Perseverance sul pianeta.

L’agenzia spaziale cinese (CNSA) con la missione Tianwen-1 ha inviato una sonda molto complessa, comprensiva di orbiter, lander e del rover Zhurong. Quest’ultimo ha in dotazione un radar per mappare la crosta marziana fino a una profondità di 400 metri. Lanciata nel 2020 la sonda è atterrata su Marte nel 2021. Emirates Mars Mission è la prima missione verso Marte degli Emirati Arabi Uniti. La sonda, denominata Hope, lanciata nel 2020 è arrivata in orbita marziana nel febbraio 2021, con l’obiettivo di studiare l’atmosfera marziana e il suo clima.

L’esplorazione spaziale futura

EscaPADE (Escape and Plasma Acceleration and Dynamics Explorers) è una missione pianificata della NASA. Costituita da due orbiter, prevede di studiare la struttura, la composizione, la variabilità e la dinamica della magnetosfera di Marte e dei processi di fuga atmosferica. Gli orbiter EscaPADE dovevano originariamente essere lanciati nel 2022 su un Falcon Heavy di SpaceX insieme alle missione Psyche. Ma a causa del cambio di vettore utilizzato è stato annunciato che verrà lanciato su un volo diverso, pianificato per il 2024.

Il NICT di Tokyo (National Institute of Information and Communications Technology) in collaborazione con l’Università di Tokyo ha progettato il Tera-hertz Explorer. Il microsatellite dedicato allo studio degli isotopi dell’ ossigeno presenti nell’atmosfera marziana. Verrà lanciato come payload secondario in una missione ancora da specificare.

L’ISRO, dopo il successo del Mars Orbiter Mission prevede una seconda missione, Mars Orbiter Mission 2. Quest’ultima composta di orbiter, lander e rover, progredirà l’indagine scientifica dell’atmosfera e del suolo marziano. Il lancio, inizialmente programmato per il 2022, è slittato al 2024 ma la missione sarà composta dal solo orbiter.

L’esplorazione con equipaggi di Marte è stata considerata come un obiettivo a lungo termine dagli Stati Uniti attraverso il Vision for Space Exploration annunciato nel 2004. Una cooperazione tra NASA e Lockheed Martin a questo proposito ha portato all’avvio del progetto Orion, la cui missione di prova era programmata per il 2020 verso la Luna per poi intraprendere il viaggio verso Marte. Nel 2007 l’amministratore della NASA Michael D. Griffin dichiarò che la NASA mirava a inviare una spedizione umana su Marte entro il 2037. Con l’ingresso delle aziende private, nella corsa allo spazio ed in particolare al pianeta rosso, la più importante ed avanti di di tutte c’è la SpaceX di Elon Musk. L’obiettivo primario dell’azienda americana e raggiungere e poi colonizzare Marte. Lo stesso CEO ha dichiarato che saranno in grado di raggiungere la superficie del pianeta entro i prossimo 5 anni.

Marte, con la sua storia geologica intrigante e la possibilità di antiche forme di vita, rimane un soggetto affascinante per la comunità scientifica ed il pubblico. Le missioni spaziali continue e l’avanzamento della tecnologia spaziale, ci consentiranno di approfondire la nostra comprensione di questo misterioso pianeta, aprendo nuove prospettive sulla possibilità di vita extraterrestre e aprendo la strada alla futura esplorazione umana di Marte.

Stefano Gallotta

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