Inizia l'assemblaggio del Coronagraph Instrument del Roman Space Telescope della NASA che scoverà migliaia di esopianeti nel prossimo futuro.

Il Roman Space Telescope è un osservatorio spaziale della NASA progettato per risolvere questioni essenziali nelle aree dell’energia oscura, degli esopianeti e dell’astrofisica dell’infrarosso. Il telescopio ha uno specchio primario di 2,4 metri di diametro le stesse dimensioni dello specchio primario del telescopio spaziale Hubble. Il telescopio spaziale sarà dotato di due strumenti, il Wide Field Instrument e il Coronagraph Instrument.

IL telescopio misurerà la luce da un miliardo di galassie nel corso della vita della missione. Inoltre eseguirà un’indagine di microlensing della Via Lattea interna per trovare circa 2.600 esopianeti. Il Coronagraph Instrument eseguirà imaging ad alto contrasto e spettroscopia di singoli esopianeti vicini. Ed è proprio in questi giorni che quest’ultimo strumento sta per essere assemblato.

Il Coronagraph Instrument

Gli scienziati hanno scoperto più di 5.000 esopianeti, al di fuori del nostro Sistema Solare. Le tecnologie per lo studio di questi mondi continuano ad avanzare molto rapidamente. Un domani i ricercatori potrebbero addirittura essere in grado di cercare segni di vita su esopianeti simili alla Terra. Ma per farlo avranno bisogno di nuovi strumenti, come il Coronagraph del Roman Space Telescope della NASA. Lo strumento scientifico blocca la luce di ogni stella osservata in modo che gli scienziati possano vedere meglio i pianeti che vi orbitano attorno.

Il team del Coronagraph Instrument ha già progettato e costruito i componenti dello strumento. Ora devono mettere insieme i pezzi ed eseguire test per assicurarsi che funzionino come previsto. “È come se tutti gli affluenti separati si stessero finalmente unendo per formare il fiume”, ha affermato Jeff Oseas, manager per il sottosistema ottico del Coronagraph Instrument presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA.

Il processo è iniziato di recente al JPL e richiederà più di un anno. Una volta completato, il Coronagraph Instrument sarà spedito al Goddard Space Flight Center nel Maryland, ed incorporato nel telescopio spaziale. L’ingegnere Gasia Bedrosian guida il processo di assemblaggio e collaudo in qualità di responsabile dell’integrazione dello strumento. L’integrazione e il collaudo sono tecnicamente gli ultimi passaggi nella costruzione, in realtà fanno parte del processo fin dall’inizio. Nel 2018, Bedrosian ha iniziato a lavorare su i piani di assemblaggio per qualcosa che non era mai stato costruito prima. Lei e il suo team hanno trascorso due anni, collaborando con vari esperti in materia e membri del progetto, per rivedere e adattare il piano, assicurandosi che tutti i pezzi si riunissero in tempo e nel giusto ordine. 

Un render del Roman Space Telescope
Un render del Roman Space Telescope. Credit: NASA

L’imaging diretto degli esopianeti

Grande come un pianoforte a mezza coda, il Coronagraph Instrument è composto da due sezioni principali che si sovrappongono l’una all’altra: il banco ottico e il pallet dell’elettronica. Il più delicato dei due è ovviamente il banco ottico, che contiene 64 elementi, come specchi e filtri, progettati per rimuovere quanta più luce stellare possibile senza sopprimere la luce dei pianeti. 

Questo approccio alla ricerca e allo studio degli esopianeti è chiamato imaging diretto e dovrebbe essere il modo migliore per studiare le atmosfere e le caratteristiche della superficie di mondi rocciosi simili alla Terra. Il pallet, sul lato inferiore, ospita l’elettronica che riceve le istruzioni dal telescopio e restituisce i dati scientifici. L’elettronica controlla i componenti meccanici del banco ottico e i riscaldatori degli strumenti. Il banco ottico sarà impilato con una grù sopra il pallet dell’elettronica. Poiché i due strati devono essere allineati l’uno con l’altro entro una frazione di millimetro, il team utilizzerà i laser per posizionarli esattamente nel corso di quattro giorni.

Una volta assemblato, il Coronagraph Instrument sarà sottoposto a una serie di test, tra cui quasi un mese di test dinamici per simulare il viaggio del razzo nello spazio. Verrà quindi inserito in una camera a vuoto che riproduce l’ambiente spaziale per verificare che l’hardware rimanga allineato e funzioni correttamente. “È emozionante iniziare finalmente a mettere insieme tutti i pezzi. È sicuramente una gratificazione immensa, visto il tempo impiegato nel prepararci. Ma ora che siamo qui e ci siamo io ed i membri del mio team non riusciamo a trannere l’entusiasmo” ha dichiarato contenta l’ingegnere Bedrosian.

Stefano Gallotta

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