un illustrazione che descrive una protostella

Il processo di evoluzione stellare inizia dalla nascita di una stella e questo è il primo passo per formare, con il tempo, tutta la materia esistente nell’Universo. Il processo avviene sempre in luoghi ricchi di materiale e molto densi, che c’impediscono di vedere direttamente cosa accade. In verità è solo negli ultimi decenni che ne sappiamo di più grazie all’uso di osservatori spaziali e telescopi ad infrarossi come l’Hubble Space Telescope (HST). Grazie a questi strumenti sofisticati, siamo riusciti a penetrare le polveri e il gas per scoprire parzialmente la formazione stellare

Una stella è composta da gas, principalmente idrogeno (H) ed elio (He). In più è presente una quantità limitata di elementi più pesanti come i metalli. La concentrazione di questi ultimi è strettamente correlata alla storia evolutiva delle stelle. Il Big Bang ha creato esclusivamente idrogeno ed elio, quindi se esistono i metalli è necessario che si siano verificati eventi successivi in grado di generarli. Questi eventi, sono strettamente legati all’evoluzione stellare. Nel Sole i metalli sono oggi il 2% della massa. Quindi nella nebulosa dalla quale ha avuto origine la nostra stella la percentuale di questi elementi era pressoché nulla, si sono per forza formati in seguito. 

Dove nasce una stella ?

Le stelle, quindi, nascono dalle nebulose dalle quali prendono materiale di partenza. Allo stesso tempo sono proprio le stesse stelle che arricchiscono di elementi più pesanti le nebulose al termine della propria vita. Lo spargimento di elementi nelle nebulose, si chiama arricchimento del mezzo interstellare. Quest’ultimo è lo spazio che circonda le stelle ed è composto al 99% di gas, mentre la restante parte è materiale “polveroso”, solitamente carbonati e silicati. Ma la densità resta comunque molto più bassa rispetto al vuoto ottenibile in laboratorio. A livello del mare, sulla Terra, ci sono 3×1019 molecole per cm3, misura che scende a 109 nei vuoti di laboratorio. Nel mezzo interstellare si parla di un atomo di idrogeno per cm3.

Lì dove gli atomi sono concentrati in maniera più massiva sono le nebulose. Alcune sono fondamentali nella formazione di nuove stelle, altre invece si generano proprio dalla morte stellare determinando un ciclo cosmico in perfetto equilibrio. Le nebulose legate alla formazione stellare sono le più fredde e sono presenti maggiormente all’interno dei bracci delle galassie, più ricchi di materiale interstellare. La presenza di nubi di gas e polvere è il primo step fondamentale per la formazione stellare. Ma queste nubi devono iniziare a collassare in più punti per poter dar vita alle stelle, con processi chiamati frammentazione e contrazione.  Il britannico James Jeans fu il primo, nel 1902, a postulare le condizioni necessarie alla formazione stellare tirando in ballo l’instabilità delle nebulose (instabilità di Jeans).

Le protostelle

Ciò che può distogliere una massa di gas dal suo stato di equilibrio può essere il passaggio ravvicinato di una stella oppure una esplosione di supernova nelle vicinanze. Insomma tutti i fenomeni cosmici in grado di creare un fronte d’urto che destabilizzi la nebulosa. Se le perturbazioni durano a lungo, si amplificano ed innescano il processo di contrazione. In realtà non ne sappiamo ancora molto, ma una recente ricerca ha iniziato a chiare le idee agli astrofisici confermando le ipotesi precedenti. Quando la densità inizia ad essere eccessiva, la gravità della nebulosa prende il sopravvento sul moto del gas (contrazione) e la massa inizia a tendere verso un punto di accumulazione.

A questo punto, l’equilibrio dinamico, tra la gravità e l’energia termica degli atomi che compongono la nebulosa, viene a mancare a favore della prima forza, inizia a generarsi instabilità. Questo processo provoca un improvviso collasso, che porta ad un aumento della densità al centro fino a 30 miliardi di molecole al cm3. Tale incremento porta ad un’opacizzazione della nube alla sua stessa radiazione, con conseguente aumento della temperatura.

Il riscaldamento genera un aumento della frequenza delle onde elettromagnetiche emesse. Si crea così una configurazione in cui, un nucleo centrale idrostatico, attrae per gravità la materia diffusa nelle regioni esterne chiamato  First Hydrostatic Core, che continua ad aumentare la sua temperatura. Il processo sottrae materiale anche a grandi distanze, facendolo confluire verso la zona interna del disco di accrescimento. La caduta del materiale su questa regione opaca crea delle onde d’urto che aumentano ulteriormente la temperatura del gas. Dopo questa fase di accrescimento il nucleo inizia una fase di contrazione quasi statica.

La combinazione della convezione all’interno e dell’emissione di radiazioni permette all’embrione stellare di contrarre il proprio raggio. Questa fase va avanti, finché la temperatura dei gas è sufficiente a mantenere una pressione abbastanza elevata da evitare un ulteriore collasso, raggiungendo l’equilibrio idrostatico. Quando l’oggetto cessa la fase di accrescimento è appunto chiamata protostella. L’embrione, passaggio importante dell’evoluzione stellare, permane in questo stato per alcune decine di migliaia di anni, prima di dare luogo alla nascita di una stella.

Sofia Bianchi

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