Gli astronauti sulla Luna con la missione Apollo 11

That’s one small step for [a] man, but a giant step for mankind.” L’iconica frase che il 20 Luglio del 1969 pronunciò l’astronauta del Apollo 11 Neil Armstrong, mettendo per la prima volta il piede sulla superficie della Luna. Da quel fatidico momento niente sarebbe stato più lo stesso. L’umanità aveva davvero compiuto un balzo in avanti tecnologico senza precedenti. Ripercorriamo i 25 anni post Seconda Guerra Mondiale che hanno determinato la realizzazione di questa storica impresa.

L’inizio della Guerra Fredda ed il primato sovietico

Prima di arrivare alla luna con Apollo 11 ce ne volle di strada da fare. Nel primo decennio dopo la Seconda Guerra Mondiale, USA e USSR sono in competizione per il dominio geopolitico del pianeta. Il 4 Ottobre del 1957, l’Unione Sovietica mette a segno un importante conquista tecnologica, portando in orbita il primo satellite artificiale: Sputnik 1. L’evento di rilevanza mondiale ebbe un forte impatto sia sull’amministrazione Eisenhower che sui cittadini, tanto da scatenare la così detta Crisi dello Sputnik.

Sputnik 1
Sputnik 1. Credit: Roscosmos

Il primato tecnologico in campo spaziale dell’USSR divenne palese. Lo Sputnik 1 aveva dimostrato che l’Unione Sovietica aveva la tecnologia per poter portare armamenti nucleari a distanze intercontinentali. Nel contempo i sovietici sfidavano a viso aperto la nazione che si autoproclamava superiore in campo militare, tecnologico ed economico.

In risposta al lancio del satellite Sputnik 1, gli USA colti del tutto impreparati dall’evento (solo oggi, grazie alla declassificazione dei documenti secretati sappiamo che sia la CIA che il presidente erano informati dei progressi sovietici riguardanti lo Sputnik grazie a immagini aeree scattate da aerei spia), decisero di rilanciare il Programma Explorer.

Ma a poca distanza dal primo successo, l’Unione Sovietica diede un secondo poderoso schiaffo agli USA, lanciando il 3 Novembre del 1957 Sputnik 2, raggiugendo un altro impressionante traguardo: la prima sonda con a bordo un essere vivente, la cagnolina Kudrjavka (erroneamente chiamata Laika, nome convenzionale russo della razza canina).

La cagnolina Kudrjavka nella capsula dello Sputnik 2.
La cagnolina Kudrjavka nella capsula dello Sputnik 2. Credit: Roscosmos

Il tutto avvenne mentre gli americani tentavano invano di portare in orbita un satellite con il Progetto Vanguard. Storico fu l’insucesso di Vanguard TV-3. Il fallimento del lancio fu deriso dalla stampa che espresse con toni sarcastici il tentativo di messa in orbita, ribattezzarono il satellite “kaputnik” (il Daily Express), “flopnik” (il Daily Herald), “puffnik” (il Daily Mail) e “stayputnik” (il News Chronicle).

Da Explorer a Mercury: i primi timidi risultati

I primi risultati per gli americani arrivarono con il Programma Explorer. Il primo programma spaziale americano, subito silurato a favore del Progetto Vanguard. Ma i successi sovietici fecero ripensare i piani e grazie al tecnico missilistico Wernher von Braun ed alla sua equipe al JPL (Jet Propulsion Laboratory), in soli 3 mesi di lavoro, misero appunto il vettore Jupiter-C, evoluzione del razzo Redstone a stato solido sulla copia dei V2 tedeschi. Il 31 Gennaio 1958, gli americani riuscirono a mandare in orbita il satellite Explorer 1.

William Hayward Pickering, James Van Allen, and Wernher von Braun festeggiano la riuscita della missione Explorer 1.
William Hayward Pickering, James Van Allen, and Wernher von Braun festeggiano la riuscita della missione Explorer 1. Credit: NASA

Ma non era ancora abbastanza. Il presidente Eisenhower il 29 Luglio 1958, firmando il National Aeronautics and Space Act diede la spinta propulsiva per la costituzione della National Aeronautics and Space Administration (NASA), che assorbì la forza lavoro ed il budget della National Advisory Committee for Aeronautics (NACA). La neonata NASA acquisì il Programma Explorer.

Una nuova spinta nella corsa allo spazio per gli americani, ebbe inizio con il Programma Mercury, che aveva lo scopo di portare in orbita geocentrica un essere umano. Ma anche in questo caso gli obiettivi americani vennero anticipati dai sovietici. Il 12 Aprile 1961 il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin a bordo della navicella Vostok-1, divenne la prima persona nello spazio e il primo ad orbitare intorno alla Terra. Solo un mese più tardi, 5 Maggio 1961, Alan Shepard divenne il primo uomo americano a completare un volo suborbitale di 15 minuti.

Anni 60: Kennedy ed il Programma Gemini

Nel decennio successivo il vento tornò favorevole agli americani. Il sorpasso sulla compagine sovietica, inizia quando nel 31 Gennaio 1961 alla Casa Bianca, s’insedia il nuovo presidente J.F. Kennedy. Il neo presidente era preoccupato dell’immagine che stavano dando gli USA alle altre nazioni del mondo. Per lui era intollerabile che l’Unione Sovietica avesse il dominio tecnologico in campo spaziale.

L’USSR a ragion veduta, vantava all’epoca i vettori con la capacità di carico più elevata. L’impresa per gli Stati Uniti era una sfida che andava al di là della capacità di produzione di sistemi balistici. La generazione esistente avrebbe difficilmente eguagliato i sovietici. Infatti solo nel Febbraio del 1962 con quasi 2 anni di ritardo, John Glenn a bordo della navicella Friendship 7, con il vettore Mercury-Atlas 6 divenne il primo americano in orbita. Divenne chiaro che l’asticella doveva essere alzata ed il traguardo doveva essere spettacolare, anche se non giustificato da motivi strettamente militari.

Il presidente J. F. Kennedy allo storico discorso alla Rice University a Huston, Texas.
Il presidente J. F. Kennedy allo storico discorso alla Rice University a Huston, Texas. Credit: USA government

Il 12 Settembre 1962, davanti ad una folla di 40mila persone nello stadio di football americano dell’Università Rice a Houston in Texas, Kennedy pronuncia uno storico discoro con un passaggio chiave nella corsa allo spazio. “Scegliamo di andare sulla Luna! Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio e di fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili; perché quell’obiettivo servirà ad organizzare e misurare il meglio delle nostre energie e abilità, perché quella è una sfida che siamo disposti ad accettare, una che non siamo disposti a posticipare e una che intendiamo vincere e anche le altre.

I voli di Gemini

Vide così la luce il Programma Gemini. In origine era considerato come la naturale prosecuzione del Programma Mercury. Ma fin da subito fu chiaro che avrebbe raggiunto traguardi più importanti. Sotto certi aspetti tecnici di gran lunga superiori anche al Programma Apollo nato poco prima. Le capsule sviluppate per questo programma a differenza di quelle Mercury potevano alterare la loro orbita. Inoltre potevano agganciarsi tra loro e per la prima volta venne sviluppato un computer di bordo, il Gemini Guidance Computer, per facilitare le manovre.

Le due capsule Gemini 6a e Gemini 7 nello storico rendez-vous nell'orbita terrestre.
Le due capsule Gemini 6a e Gemini 7 nello storico rendez-vous nell’orbita terrestre. Credit: NASA

Il volo delle missioni Gemini furono accompagnate dal vettore Titan ed il primo lancio di prova, denominato Gemini-Titan 1 (GT-1), venne effettuato l’8 aprile 1964. Da quel momento in poi, fu un susseguirsi di test e successi. Per primo si testarono gli scudi termici della capsula, nel 1965 (GT-2). Con GT-3 venne aggiunto l’equipaggio, mentre con la successiva GT-4 venne effettuata la prima EVA (Extra-vehicular activity).

La missione GT-5 raddoppiò la durata in orbita portandola a 8 giorni. Venne dimostrata l’affidabilità di tutti i sistemi della capsula per una durata così lunga, nonché l’analisi della reazione fisica e psichica degli astronauti allo stato prolungato di assenza di gravità. GT-6a e GT-7 fu addirittura una doppia missione che permise il rendez-vous tra le due capsule in orbita.

GT-8 aggiunse un altro importante tassello: il docking nello spazio con un satellite lanciato poco prima. Con le successive missioni venne messo ulteriormente appunto il sistema di docking e vennero messe in luce le criticità delle EVA. Infine con la missione GT-12 si riuscì più volte ad agganciare due veicoli spaziali in orbita manualmente. Le tre attività EVA eseguite avevano fornito importantissime conoscenze per il futuro lavoro nello spazio.

La missione Apollo avvicina l’uomo alla Luna

Il programma nasce nel 1961 con il chiaro scopo di portare l’uomo sulla Luna. Il programma riuscirà nel suo intento con Apollo 11 che raggiungerà la Luna. L’obiettivo dichiarato più volte da Kennedy era complesso e sembrava all’epoca impossibile da raggiungere per gli americani. In realtà gli enormi sforzi economici e tutte le conquiste dei programma Mercury prima e Gemini dopo, avvicinarono di molto l’obiettivo Luna.

La prima difficoltà era rappresentata dal tipo di missione, cercando di minimizzare il rischio per la vita umana considerando il livello tecnologico dell’epoca e le abilità dell’astronauta. Inviare astronauti sul suolo lunare è un’operazione più rischiosa di un volo in orbita terrestre dove, il rientro verso la Terra può essere svolto in tempi brevi. Al contrario, una volta che la navetta spaziale ha lasciato l’orbita, la possibilità di far ritorno a Terra dipende dal funzionamento di tutti i principali sottosistemi. In maniera empirica, la NASA, stabilì che le missioni avrebbero dovuto avere una probabilità di successo del 99% e che la possibile perdita dell’equipaggio dovesse essere inferiore allo 0,1%.

Piano di allunaggio Apollo 11.
Piano di allunaggio Apollo 11 che porterà gli astronauti sulla Luna. Credit: NASA

In base alla conoscenza tecnologica dell’epoca furono stilati tre scenari possibili. Ascesa diretta con l’intera navicella sul suolo lunare (quello che oggi vuole compiere Space X), un rendez-vous in orbita terrestre ed un rendez-vous in orbita lunare. Le prime soluzioni non erano tecnicamente fattibili e si scelse il terzo scenario.

Gli astronauti vennero selezioni in tre momenti diversi. Una prima selezione avvenne per le missioni Mercury, furono selezionati tutti piloti militari con età inferiore ai 40 anni. Le due successive selezioni invece aprirono la possibilità anche a civili abbassando l’età a 35 anni. Questo permise anche a scienziati di poter partecipare alle missioni Apollo.

Saturn: il vettore del programma Apollo

Nodo centrale fu la scelta del vettore. La famiglia dei vettori Saturn fu sviluppata per l’occasione. Il primo, Saturn 1 permise di testare il sistema di controllo e la miscela dei due propellenti ossigeno ed idrogeno. Il secondo Saturn C1-B impiegato per testare la navicella Apollo in orbita terrestre. Scelto per la missione il Saturn V, il razzo più potente costruito dall’uomo.

La navicella per il trasporto dell’equipaggio venne ideata da John Houbolt ed è chiamato tecnicamente LOR (Lunar orbit rendezvous). Composta da due moduli, il CSM (modulo di comando-servizio) e LM (Modulo lunare) o anche LEM (Lunar Excursion Module). Il CSM era costituito da una capsula per la sopravvivenza dei tre astronauti munita di scudo termico per il rientro a Terra e dalla parte elettronica e di sostentamento energetico per il modulo di comando, cosiddetto modulo di servizio. Il modulo lunare, una volta separato dal CSM, doveva garantire la sopravvivenza ai due astronauti che sarebbero scesi sulla superficie della Luna.

Il razzo Saturn V della missione Apollo 11.
Il razzo Saturn V della missione Apollo 11 in viaggio verso la Luna. Credit: NASA

Il progetto Apollo però subì subito una forte battuta d’arresto. La missione Apollo 1 si concluse tragicamente.  Il 27 gennaio 1967, gli astronauti erano entrati nella navetta posta in cima al razzo, sulla rampa di lancio 34 del Kennedy Space Center, per compiere un’esercitazione. Probabilmente a causa di una scintilla originata da un cavo elettrico scoperto, la navetta prese velocemente fuoco, facilitato dall’atmosfera densa di ossigeno. Per l’equipaggio, composto dal pilota comandante Virgil Grissom, dal pilota maggiore Edward White e dal pilota Roger Chaffee, non ci fu scampo. A seguito di questo incidente la NASA e la North American Aviation (responsabile della fabbricazione del modulo di comando) intrapresero una serie di modifiche al progetto.

20 Luglio 1969: Apollo 11 atterra sulla Luna

Dopo la tragica scomparsa dei tre astronauti, la NASA aveva fretta di portare avanti il programma spaziale. Il 9 Novembre del 1967 si ripartì da Apollo 4. Da quel momento in poi fu un susseguirsi dai lanci fino ad Apollo 11, con lo scopo di testare, le manovre, il CSM, il LEM e tutti i sistemi, sia in orbita terreste che in orbita lunare.

Agli inizi del 1969 era tutto pronto e per la missione vennero scelti i 3 astronauti. Neil Armstrong 39 anni comandante della missione, Michel Collins 39 anni pilota del CSM e Edwin Eugene “Buzz” Aldrin 39 anni pilota del LEM. L’Apollo 11 parte alla conquista della Luna con un razzo vettore Saturn V dalla piattaforma di lancio 39A, del Kennedy Space Center, il 16 luglio 1969 alle 13:32:00 UTC ed entrò in orbita terrestre dodici minuti dopo. Dopo un’orbita e mezza, il motore del terzo stadio spinse la navetta sulla sua traiettoria verso la Luna grazie alla manovra Trans Lunar Injection (TLI) iniziata alle 16:22:13 UTC. Circa 30 minuti più tardi la coppia modulo di comando/modulo di servizio si separarono dall’ultimo stadio del Saturn V e compirono la manovra per agganciarsi al LEM rimasto ancora nel suo adattatore in cima al terzo stadio. Dopo questa operazione, il veicolo spaziale combinato continuò il suo viaggio verso la Luna.

Ricostruzione CSM-LEM di Apollo 11.
Ricostruzione CSM-LEM del Apollo 11. Credit: NASA

Il 19 luglio alle 17:21:50 UTC, Apollo 11 passò dietro la Luna e accese il motore per entrare in orbita lunare. Nelle trenta orbite che effettuarono, l’equipaggio ebbe modo di osservare il luogo previsto per il loro atterraggio nel sud del Mare della Tranquillità (Mare Tranquillitatis) a circa 19 km a sud-ovest del cratere Sabine D (0.67408N, 23.47297E). Questo sito ha una conformazione relativamente piatta e liscia perciò non presentava grandi difficoltà nell’allunaggio e nella attività EVA. 

L’allunaggio

Alle 12:52:00 UTC del 20 luglio, Aldrin e Armstrong entrarono nel LEM “Eagle” e iniziarono gli ultimi preparativi per la discesa lunare.  Alle 17:44:00 il LEM si separò dal CSM “Columbia“. Collins, da solo a bordo del CSM, ispezionò il LEM mentre effettuava una giravolta, in modo da assicurarsi che la navetta fosse integra e che le gambe per l’atterraggio fossero correttamente dispiegate. Armstrong, quindi, esclamò: “The Eagle has wings!

Nel corso della discesa, Armstrong e Aldrin notarono che stavano oltrepassando i punti di riferimento sulla superficie lunare quattro secondi prima del previsto. Quindi erano un po’ “lunghi” prevedendo che sarebbero atterrati alcune miglia più ad ovest rispetto al loro punto di allunaggio previsto. Inoltre, i due astronauti si accorsero che il sito dell’allunaggio era molto più roccioso di quanto avessero indicato le fotografie. Armstrong prese, dunque, il controllo semi-manuale del modulo lunare.

Il LEM si posò sulla superficie lunare alle 20:17:40 UTC di Domenica 20 luglio, con solo circa 25 secondi di carburante ancora nei serbatoi secondo gli strumenti di bordo. Le analisi post missione invece stabilirono che era presente ancora carburante per circa 50 secondi. Armstrong confermò il completamento della checklist post-atterraggio di Aldrin con “Engine arm is off“, prima di rispondere al CAPCOMCharles Duke, con le parole “Houston, qui Base della Tranquillità”. Il cambiamento del codice di chiamata di Armstrong da “Eagle” a “Base della Tranquillità” sottolineò agli ascoltatori sul pianeta Terra, che l’allunaggio era avvenuto con successo.

Secondo il programma, Armstrong e Aldrin dopo aver compiuto i controlli previsti, avrebbero dovuto riposare e poi si sarebbero preparati per l’uscita, programmata per le 6:17 UTC . Invece i due astronauti non dormirono ed alle 22:12 UTC, Armstrong comunicò la decisione di procedere con la preparazione della prima EVA sul suolo della Luna. Alle 02:51 Armstrong iniziò la sua discesa verso la superficie lunare attraverso la scaletta. Poco dopo appena poggiato il piede sulla superfice disse all’umanità “That’s one small step for [a] man, but a giant step for mankind“.

Sofia Bianchi

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