E' possibile portare avanti una gravidanza nello spazio?

Quanto è sicura una gravidanza nello spazio ? Siamo già a conoscenza che il cosmo è un ambiente ostile ed estremo. La scienza ha già stabilito che lunghe permanenze comportano seri problemi sia ematici che al tessuto scheletrico. Ma ormai è solo questione di tempo prima che la gente comune venga esposta a questo ambiente, sia impegnandosi nel turismo spaziale o unendosi a colonie autosufficienti lontano dalla Terra.

In virtù di queste future possibilità spaziali è necessario comprendere meglio come affrontare i pericoli ambientali che certamente influenzeranno la biologia delle nostre cellule. A maggior ragione se vogliamo allontanarci dalla Terra è fondamentale sapere se possiamo riprodurci facilmente in ambienti diversi da quelli terresti.

Le prime valutazioni sui modelli animali

Gli effetti delle radiazioni cosmiche sulle nostre cellule, che producono danni al DNA, sono ben documentati (rif.). Ciò che è ancora non è chiaro è quanto la microgravità, influenza la biochimica ed il funzionamento delle nostre cellule. Gli scienziati stanno appena iniziando a studiare come l’attività delle nostre cellule potrebbero essere influenzata dall’assenza di peso. 

Alcune ricerche sulle cellule staminali embrionali e di come si sviluppano gli embrioni (rif.) nelle loro prime settimane nello spazio, ci permetterà di capire se è possibile, per gli esseri umani, produrre prole nelle colonie extra planetarie del futuro. La capacità riproduttiva nello spazio è già stata valutata in alcuni animali (rif.) inclusi insetti, anfibi, pesci, rettili, uccelli e roditori. I ricercatori hanno infatti scoperto che è certamente possibile per organismi come pesci, rane e gechi (rif.). Ma il quadro è decisamente più complesso per i mammiferi. 

Uno studio sui topi, ad esempio, ha scoperto che il loro ciclo ormonale relativo alla gravidanza (rif.) viene interrotto dall’esposizione alla microgravità (rif.). Un altro studio, sempre sui topi, ha messo in evidenza che l’esposizione alla microgravità causa alterazioni neurologiche negative (rif.). Queste ultime alterazioni, inoltre, potrebbero essere trasmesse anche alle generazioni successive.

L’importanza della gravità

La spiegazione più plausibile a tutte queste problematiche è che le nostre cellule non si sono evolute per funzionare in microgravità. I meccanismi cellulari hanno subito processi evolutivi di milioni di anni, costantemente sottoposti alla forza di gravità sul nostro pianeta. La gravità, quindi esercita una forza fondamentale sui nostri tessuti, le nostre cellule e il nostro contenuto intracellulare. Questa stessa forza aiuta a controllare i movimenti specifici all’interno delle cellule.

La divisione cellulare (mitosi e meiosi) e il movimento dei cromosomi al loro interno, meccanismi cruciali per lo sviluppo di un feto, funzionano con e contro la forza di gravità. Ne consegue che i sistemi evoluti per funzionare alla perfezione sottoposti a gravità terrestre, possono essere influenzati negativamente alla minima variazione di questa forza. Quando un embrione inizia a dividersi, in un processo chiamato clivaggio, la velocità di divisione può essere più veloce a un’estremità dell’embrione rispetto all’altra. In questo specifico passaggio la forza di gravità gioca un ruolo importante, determinando la posizione dei primissimi elementi costitutivi della vita. La gravità aiuta anche a stabilire il corretto piano corporeo di un feto, assicurando che le cellule giuste si sviluppino nei posti giusti, nei numeri giusti e nel giusto orientamento spaziale.

In questo ambito, i ricercatori hanno studiato se le cellule staminali embrionali pluripotenti sono influenzate dalla microgravità. Al momento, ci sono sostanziali prove che quando queste cellule dei topi sono soggette a microgravità, la loro capacità di trasformarsi nelle cellule tissutali specifiche, può essere influenzata (rif.).

Sarà possibile portare avanti una gravidanza nello spazio ?

La ricerca, in questo ambito è proseguita anche indagando le cellule staminali pluripotenti indotte, prodotte a partite dalle cellule mature. In questo specifico caso è stato scoperto che questa tipologia di staminali proliferano più velocemente (rif.) in microgravità simulata sulla Terra. Per questa ragione due lotti di queste cellule sono attualmente in fase di studio sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per indagare se questi risultati possono essere replicati nello spazio. Se le cellule staminali indotte proliferano più velocemente nello spazio, potrebbe aprirsi la possibilità di produrle in orbita, visto che è difficile coltivarne in quantità sufficiente sulla Terra per curare malattie degenerative.

Oltre ai normali processi cellulari, non è chiaro come la gravidanza, la produzione di ormoni, l’allattamento e persino il parto stesso possano sicuri nello spazio esposti alla microgravità. Sembrerebbe che esposizioni molto brevi non creino affatto problemi. Invece è estremamente probabile che esposizioni più lunghe di giorni o settimane abbiano un effetto decisivo. Per tutti questi motivi gli scienziati stanno ipotizzando due approcci per proteggere i futuri astronauti dagli effetti negativi della microgravità. Il primo contempla un intervento a livello cellulare, utilizzando farmaci e nanotecnologie. Il secondo invece, ipotizza un intervento a livello ambientale, simulando la gravità terrestre nei veicoli spaziali o nelle colonie lontane dalla Terra. Entrambi gli approcci sono già nelle fasi di studio iniziali.

Tuttavia, tutta la ricerca delle cellule staminali nello spazio, fornisce una preziosa finestra su come la gravidanza potrebbe funzionare, o non funzionare, quando siamo al di fuori del campo gravitazionale terrestre. Per il momento, coloro che sono abbastanza fortunati da andare nello spazio, potrebbero fare bene a evitare di tentare di concepire prima, durante o subito dopo un volo spaziale. Infatti Le regole interne della NASA proibiscono espressamente alle donne in gravidanza di partecipare alle missioni, e ogni astronauta donna è sottoposto a un test di gravidanza dieci giorni prima della partenza.

Stefano Gallotta

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