Il governo cinese, in piena competizione con quello americano, ha intenzione di costruire il più grande telescopio asiatico terrestre

La Cina vuole costruire il più grande telescopio ottico asiatico con una risoluzione in grado di rivaleggiare con il James Webb Space Telescope (JWST) americano. Il progetto dell’Università di Pechino mira a creare un telescopio terrestre che si estende per 6m entro il 2024 e che si espanderà fino a 8m entro il 2030. Il progetto si chiama Expanding Aperture Segmented Telescope (EAST). 

EAST sfida al James Webb

EAST vorrebbe costruire uno specchio primario di 6m composto da 18 segmenti esagonali per la sua prima fase. Il James Webb ha uno specchio esagonale largo 6,5m. Secondo l’Università di Pechino il telescopio “migliorerà notevolmente le capacità di osservazione dell’astronomia ottica cinese” (rif.). La maggior parte dei telescopi ottici esistenti, gestiti da Stati Uniti, Europa o Giappone si trovano nell’emisfero occidentale. Sono situati in Cile, Hawaii o al largo della costa nord-occidentale dell’Africa.

A differenza del James Webb, che orbita a 1,5 milioni di km di distanza dalla Terra, nel secondo punto Lagrange, il telescopio asiatico sarà costruito sul monte Saishiteng vicino alla città di Lenghu nella provincia del Qinghai sull’altopiano tibetano a un’altitudine di circa 4300m.  

Per la seconda fase del progetto, verrebbe aggiunto un altro anello di altri 18 segmenti esagonali, aumentando il diametro ad 8m piedi entro il 2030. Quella dimensione lo renderebbe più grande del James Webb. L’Università di Pechino stima il costo del progetto tra i 69 e gli 84 milioni di dollari.

DRST studia il Sole

Il progetto EAST è l’ultimo esempio della spinta della Cina a sfidare il dominio americano e occidentale nelle attività spaziali. Il gigante orientale non ha intenzione di fermarsi al progetto del più grande telescopio asiatico. A Novembre scorso, ha completato la costruzione della più grande schiera di radiotelescopi al mondo che sarà puntata direttamente verso il Sole per studiare come il suo comportamento influisce sulla Terra. 

Il Daocheng Solar Radio Telescope (DSRT), situato su un altopiano nella provincia di Sichuan, nel sud-ovest della Cina, è composto da 313 antenne. Ognuno ha un diametro di 5m e insieme formano un cerchio con una circonferenza di 3km. La massiccia costruzione di questo array di radiotelescopi, è costata 14 milioni di dollari, ed è destinata a studiare i brillamenti solari e le espulsioni di massa coronale (CME), che possono avere entrambi un impatto negativo su elettronica, reti elettriche e satelliti. 

I CME sono un’enorme nuvola di particelle, caricate elettricamente, che vengono riscaldati a temperature molto calde ed espulse con un. “Possiamo prevedere se una tempesta solare esploderà verso la Terra”, ha detto Wu Lin, vice capo progettista, Ring Array Solar Radio Imaging Telescope Project. “Se irrompe verso la Terra e ci raggiungerà, saremo in grado di emettere un allarme tempestivo per una tale tempesta solare. In questo modo, possiamo fornire previsioni dell’ambiente spaziale per il normale funzionamento dei satelliti nello spazio e delle reti elettriche a terra”, ha aggiunto.

La competizione continua sulla Luna

La Cina ha anche rivelato a Settembre potenziali siti di atterraggio lunare vicino al polo sud della Luna. I piani si sovrappongono ad i siti di atterraggio americano per la missione Artemis 3 alla fine del 2025. In un articolo di una rivista cinese, sui possibili siti di atterraggio, scritto da Zhang He comandante della missione lunare Chang’e-4, vengono menzionati 10 punti. 

Artemis 3 e Chang’e-7 identificano entrambi i siti vicino ai crateri Shackleton, Haworth e Nobile come potenziali zone di atterraggio. La NASA ha invitato la Cina a rimanere “aperta e trasparente” con le sue missioni lunari dopo le ultime rivelazioni. “Proprio come il Polo Sud lunare è di interesse scientifico per la NASA, è anche di interesse scientifico per altre nazioni, quindi è prevedibile una sovrapposizione nelle potenziali regioni di atterraggio”, ha dichiarato in un comunicato stampa i funzionaria della NASA.

Stefano Gallotta

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